giovedì 1 marzo 2007

Il gusto della vita


Sono da sempre interessata al cibo.
In tutte le sue forme e fasi.
Di recente ho scoperto perfino un'insana passione: zappettare la terra e coltivare erbe aromatiche. (questo quando ero una convivente con terrazzo. Ora che sono di nuovo una sedicenne di trent'anni a casa di mammà con stanzetta e posters non posso - ma corromperò la mami, oh se la corromperò...).

Mi piace la consistenza del cibo.
Mi piace impastare, tagliare, amalgamare e tritare.
Mi piace perfino il suono di queste parole: sanno di creazione e sconvolgimento.

Mi piace, ovviamente, sperimentare odori, sapori e fusioni nuove.
Ultimamente sto diventando assidua cliente di tutti gli shop etnici che riesco a trovare (ove compro in quantità - ed economia - fagioli red kidney, spezie varie, frutta improbabile, dolci filippini e quintali di platano da friggere al posto delle patatine).


Il primo ricordo della mia vita è legato al cibo.
Ricordo con chiarezza la prima volta che mangiai d crepe al cioccolato.

E rammento anche che da bambina uno dei giochi più divertenti per me era invitare i miei a cena per le 19.30. Mezz'ora prima della cena ufficiale.
Guardavo perfino i programmi di cucina sulle tv private. Avrò avuto 6 anni.
Preparavo manicaretti di plastica con quelle fruttine lucide e vuote che ti vendevano in allegato alla mini-cassa del supermercato che si apriva a molla.
Apparecchiavo di tutto punto e loro si gustavano la cenetta immaginaria con soddisfazione (sì, non c'è bisogno che diciate nulla. Purtroppo è ereditario: anche i miei figli saranno pazzi).

Oddio. Mio padre ogni tanto scambiava il mio servizio in limonges di plastica per un posacenere e lo bruciava. Ma è sempre stato distratto: una volta mise il telecomando nel frigo dentro la scatola dei formaggi. Ma questa è un'altra storia...

Posso trattenermi dall'abbuffarmi.
Ma non posso fermare il mio impulso all'assaggio.
Il cibo è una delle cose belle della vita.
E quando si arriva ad essere come me, il cibo è ormai diventato proprio un vizio.

Ognuno ha i suoi riti. Specie in fatto di cibo.
Pensavo giusto oggi, ai metodi di "degustazione" di alcune cose in particolare.
Specie le "schifezze" che si fanno da bambini.

Avevo una compagna di classe che da bambina faceva un buco nella carta dei formaggini e poi se li spremeva in bocca.

Alzi la mano poi, chi non ha mai separato a metà un Ringo per grattar via la crema.
E così anche per i vari snack con cialda bombata e ripiena: apri, stack, e gusta la crema, gnam.
E poi il Waffer: il più difficile. Si stacca la cialda più esterna che si consumerà solo alla fine. E una sleccazzata alla crema per i più goduriosi...
E le infinite tecniche per mangiare i gelati confezionati e non.

Io ho tre manie che, lo so, mi fanno poco onore...

1. Il McBacon, l'orribile panino multinazionale con la pancetta così fritta da sembrare marmorizzata... Io levo un tocchetto di pancetta dal panino, lo nascondo nella scatola e me lo gusto alla fine.

2. Latte e cereali. Il latte in cottura dev'essere lì lì per uscire dalla pentola. Abbastanza bollente da spappettare tutti i cereali. O così, o non se ne fa nulla.

3. Fave e pecorino. Per andare sul nazional-popolare insomma. E' assolutamente necessario che il pecorino sia ben stagionato. Deve essere una sfoglia abbastanza sottile e il suo sapore forte deve essere riequilibrato da quello fresco e acquoso di 3 o 4 fave. Nè più nè meno.

Cerco sempre il perfetto equilibrio fra i gusti quando mangio e quando cucino... non possedendone uno mentale di equilibrio...

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