martedì 27 marzo 2007
Io, tu e le ruote
Con i mezzi pubblici io, ho un rapporto di amore e odio.
Amore perché sul bus posso leggere indisturbata, se trovo posto a sedere. E posso darmi alle mie attività di spiona già decantate in un precedente post. E mi faccio quattro chiacchiere con le vecchiette che spesso sono proprio simpatiche.
Di odio perché il bus non passa, se passa ti sfreccia davanti chè non hai fatto in tempo ad arrivare alla fermata, se passa dopo tanto è pieno zeppo. E lì ti rendi conto che il meraviglioso mondo del deodorante è, per i più, un continente ancora inesplorato. E perché faccio quattro chiacchiere con le vecchiette. Che a volte sono rompicoglioni. Ma fa niente. Conosco giovani peggiori.
La dicotomia amore / odio è la madre della tensione che regola da sempre le più grandi storie d’amore. Si sa.
Da anni prendo lo stesso bus. Quasi sempre.
Lo prendo da quando avevo 14 anni, per andare a scuola.
Il mio bus preferito ha un numero che sembra l’incipit del numero telefonico di una linea erotica. La cosa divertente è che è frequentato per un 50% da religiosi e per l’altro 50 % da anziani e studenti imberbi.
Tutte le mattine calcolo la mia posizione alla fermata dell’autobus. Sopra il cartellone giallo c’è un pino minaccioso. Il mio incubo ricorrente è quello di morire per colpa di una pigna caduta in picchiata sulla mia testa. Una morte davvero ingrata.
La cosa che mi fa davvero incazzare è quando perdo il bus, che passa proprio davanti al cancello di casa mia. Perciò quando esco di casa e me lo vedo sfrecciare davanti, in una corsa che sembra un vero sberleffo, vengo attanagliatat dalla disperazione... Dove vai che sei l’autobus più piccolo, scostante e sfigato di Roma? Dove corri che cadi a pezzi? Ti prego aspettami! Porcaccia..... Tutto questo mentre mi dimeno con borse, bustine e sciarpette oscillanti sotto gli occhi divertiti del condominio.
Il mio bus è davvero indisciplinato. Passa a orari random.
A volte salta una corsa negli orari di punta. E allora non c’è neanche lo spazio per salire. In quei casi Almost si trasforma in dimostrante e si piazza davanti al bus a litigare col conducente attraverso il vetro. “E adesso secondo lei io come ci vado a lavorare?” risposta del conducente: rotazione dell’indice in posizione orizzontale e in senso orario. Che sta a significare “Più tardi”. L’Almost, che non perde il suo proverbiale applombe neanche in momenti di crisi, continua a dare del lei all’indisciplinato e poco collaborativi conducente “guardi che io mica ho il posto fisso come lei. Io sono una povera precaria. E se arrivo tardi, addio! Ha capito brutto pezzo di stronzo????”
Appunto.
Io non perdo mai l’applombe.
Poi assumo la posizione “seguace di Gandhi” (passata la scarica di violenza verbale che di certo il Mahatma non avrebbe approvato) e mi pianto per 30 secondi buoni davanti al bus fissando il conducente che, intanto, ciancica la gomma e tenta di chiamare la neuro col cellulare.
Finora ho avuto culo. Sono sicura che un giorno di questi mi ritroverò un conducente dell’atac sotto casa che me le darà di santa ragione.
Ma certe volte io cambio bus. Ho provato tutte le combinazioni di questo mondo per raggiungere l’ufficio: da 1, da 2 e prefino da 3 bus. Lo dicevo che fare una cosa buona ogni giorno attiva nuove connessioni neurali. Ecco perché ultimamente ho raggiunto le capacità intellettive di un bradipo. Faccio progressi.
Ed è fichissimo perché i bus, le metro e i tram non sono tutti uguali. C’è quello dei religiosi e quello dei pellegrini, quello degli studenti universitari e dei liceali, quello degli avvocati, quello delle vecchiette che vanno al mercato e quello dei turisti.
Almost trova sovente posto a sedere. Così può leggere. Ma si alza spesso per chiedere “Vuole sedersi?”. A volte sono petulante e a volte faccio la figura della cafona, per paura di farne una di merda. Mi capita magari un signore che sembra ancora giovane, ma ha i capelli bianchi e avrà 70 anni. Che faccio gli cedo il posto? E se mi manda a cagare? Idem dicasi per le mummie del gentil sesso vestite come cubiste e con la cartina geografica dei monti Urali sulla faccia. Il galateo da bus, a volte, può essere imbarazzante.
Fortunatamente mi è sembrato di notare che i maniaci sessuali ultimamente sono diminuiti sul bus. Meno mano morte. Il problema è: quali nuovi habitat avranno colonizzato? A questa domanda non ho ancora trovato risposta.
E quando è sera, scorgere da lontano la sagoma del mio bus è un vero sollievo. E’ un po’ l’emozione che si prova nel vedere arrivare l’amato. Questo se da lontano ne vedi la parte frontale… Se da lontano invece scorgi il retro del bus, complimenti: hai vinto 25 minuti di attesa sotto il cartellone giallo…
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