domenica 18 marzo 2007

Chi chupa il chupa chapa, chi non chapa si chupi il chupa


Cos’è che attira un branco di "almost" ad una festa, alla stessa virale maniera in cui i chicchi di grano sul selciato di Piazza San Marco attirano i piccioni?
Ma certo! Dei lecca lecca. Immagino che tutti ci avrete pensato, no?
Eppure, ve lo giuro, ho le prove.

Ieri sera sono stata ad una spassosissima festa anni ‘80.
Come promesso sugli inviti,  ci sono stati regalati big babol a manciate e leccalecca di ogni gusto: ciliegia, limone, coca cola, caramel, panna e fragola (il mio preferito di sempre), fragola e, pensate un po’, anguria!
Perfino i lecca lecca a fischietto, quelli da cui non usciva mai un suono ma riuscivano a farti sbavare tutto dal collo in giù.

Ad un certo punto, ecco che arrivano dei ragazzi con un cappelone da cow boy a distribuire i chups alla folla in delirio. Al primo giro ognuno si accontenta del gusto toccatogli in sorte.
Certo, la sfortuna è avere avuto quello al limone. Ma in fondo, si può ritentare un secondo giro… o no?


Al secondo giro partono le contrattazioni. “Te ne do due all’arancio per uno alla fragole” “Senti non è che me ne potresti dare due? Uno è per la mia amica (sì, immaginaria)”.
Queste le frasi più ricorrenti.

Al terzo giro siamo già alle maniere pesanti. Ragazze che si sbottonano la camicetta nel tentativo di accaparrarsi il mitico panna e fragola. Comincia a girare per i corridoi del locale la voce che esista un solo ed unico chupa chups cioccolato bianco, lampone con granella di meringa e il bastoncino in Swarovski.
Non escludo che nel mercato nero sviluppatosi ieri, pro chups, sia stata data vita ad un’immonda tratta delle bianche.
Ma questo non è il peggio. Il peggio è arrivato dopo.

Come dei bambini iperattivi a causa di un sovradosaggio di zucchero ballavamo come dei forsennati sui trascinanti ritmi anni 80 selezionati dal Dj.
I movimenti degli almost slinguazzatori di lecca lecca si facevanmo sempre più sensuali. Sempre più calienti.
Ad un certo punto accade l’inaspettato.
Non paga di essersi fatta di 3 o 4 palline di zucchero, una ragazza parte all’inseguimento dell’amica di fronte. Le ruba il chupa sbavato, se lo pappa e le porge il suo. L’amica accetta.

Parte così un rito orgiastico a base di zucchero degno del finale di Profumo di Suskind, quando la folla impazzita, davanti alla quasi esecuzione dell’assassino protagonista, si dà al sesso sfrenato senza distinzioni di sesso, età, professione.
Tutti che si scambiano i lecca lecca con tutti. “Famme senti’?” (ecco, questa Suskind magari non l’avrebbe scritta) “Mmmmm… ma lo sai che è meglio il tuo?” “Aspetta, fammi riassaggiare?”.

Una promiscuità così di saliva e microbi, credo di non averla mai vista.
Al quinto giro di degustazione di lecca lecca sbavati vengo coinvolta anche io da un’amica con la quale ho fatto asilo, medie ed elementari.
Io, che a sei anni ero l’unica bambina di prima elementare che in giardino non succhiava i così detto “fiori di limone” perché pensavo “E se ci avesse fatto pipì un cane?”. Io, che da bambina piuttosto che mangiarmi le unghie mi sarei tagliata le dita.

Ero drogata dallo zucchero, vostro onore!  Non ero nel pieno delle mie facoltà mentali.
Questo direi di fronte alla giuria accusatrice.
Ma ormai è tardi.
Numerose figure di merda, ieri sera, hanno coperto d’ignominia il glorioso nome dell’Almost…

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