mercoledì 8 agosto 2007
Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale. O, alle brutte, in ferie
Ieri sono finalmente andata a visitare il nuovo centro commerciale "Porta di Roma". Quello della Fnac, per intenderci.
Sono stata colta da delirio di onnipotenza per essere riuscita a spendere in totale € 12.70 per l'acquisto di ben una maglietta, una giacca e un vestito. Alla faccia, sicuramente, di povere operaie rumene e bangladeshane pagate 2 euro al mese. E qui il delirio di onnipotenza è morto: con la mia busta soddisfatta, stretta in una mano, mi sono fatta un po' schifo.
Nello spazio all'aperto, antistante il centro, mi sono imbattuta in due bambini che correvano dietro ad un piccione.
La cosa mi ha riportato al lontano 1985, quando mio fratello, allora un caschettino biondo e cicciotto di tre anni, al grido di "nieni 'ccione" (trad. Vieni piccione) terrorizzò i pennuti di tutta la Costa Azzurra.
Il mio rapporto con gli animali è stato, negli anni, altalenante.
Li ho sempre amati, questo s'intende: da bambina amavo, sopra tutti gli altri, i libri sugli animali di cui mi divertivo a studiare abitudini e comportamenti.
In particolare adoravo i pesci degli abissi, creature impensabili e affascinanti. Avevamo i nostri segreti, io e la natura: a 7 anni il fatto di conoscere animali dai nomi improbabili come il chiurlo, il beluga o il narvalo mi conferiva un certo fascino.
Il primo animale della mia vita fu il pulcino disegnato sul braccialetto del reparto maternità. Mia madre me lo mostrò qualche anno fa. La cosa sconcertante è che il mio nome venne scritto frettolosamente al contrario. Risultato: accanto al mio nome c'era un uccellino agonizzante a zampe all'aria. Non male come inizio.
Come tutti i bambini, ho tormentato i miei per avere un cagnolino o un gattino o qualunque cosa in -ino fornita di pelo, musetto e quattro zampe.
Così una sera, avevo 5 o 6 anni, mio padre rincasò con una barboncina di pochi mesi. Io, a dire il vero, ricordo a malapena l'avvenimento. Non perchè mi manchi la memoria, tutt'altro. Mio padre per quella prode impresa rischiò il divorzio. La cagnetta, Marta, divenne la cagnetta dei miei zii il mattino seguente. E mio padre ottenne una proroga di 15 anni sul divorzio.
La cosa buffa è che io avevo paura dei cani più grandi di uno yorkshire.
Altresì schifavo tutti gli insetti che non fossero formiche.
Eppure picchiai di santa ragione uno dei miei migliori amici perchè aveva ucciso una cavalletta. Alla quale diedi degna sepoltura: senza mai toccarla con le mani, ovvio.
Finalmente, a 7 anni, ricevetti in dono una tartarughina d'acqua dolce. Giusto in tempo per l'epidemia di salmonella diffusa, proprio quell'anno, dalle tartarughine di acqua dolce. Margherità venne liberata in un torrente dove, credo, diventò cibo per pesci. Ma io allora non potevo saperlo e sognavo la mia Margherità che volteggiava sott'acqua dando il 5 a tutte le trote che le passavano vicino.
Quello fu anche l'anno in cui la famiglia Almost si recò in vacanza nell'allora Jugoslavia, in montagna. Un posto meraviglioso che ricordo ancora con nostalgia. Ogni due passi si incontrava una mucca.
E mia madre inventò una storia per mio fratello: "le mucchine che cercano i bimbi piccoli e carini". Sembra una stronzata detta così, ma era una cosa molto divertente. A mio fratello veniva una specie di riso isterico ogni volta, quel tipo di risata argentea e fragorosa di cui solo i bambini piccoli sono capaci. Mia madre in realtà, la inventò più per sè che per noi: ha un'altissima soglia del dolore lei, uno humor inglese senza eguali e sposta da sola gli armadi pieni. Ma non fatele vedere una mucca, vi prego: assumerà un caratteristico colore blu e entrerà in catalessi. Ha il terrore delle mucche: da bambina, in campagna, per scappare da una vacca che stava tranquillamente ruminando e non se la filava proprio, rischiò di finire sotto un camion.
L'anno dopo fu la volta dei pesci rossi. Uno per me, Bollicina, e uno per mio fratello. Il mio fu il primo dei due a manifestare un certo istinto suicida. Affinò la tecnica di "tuffo fuor dalla vasca" fino a restarci secco. Piansi due giorni. D'estate, circa 4 mesi dopo, fu la volta del pesce di mio fratello. Che finì triturato nella vaschetta di scarico del frigorifero. Mangiai roba calda per una settimana: ero terrorizzata all'idea che al mio formaggino potessero spuntare le pinne o roba simile.
Ovviamente rinunciai all'idea di avere un animale. Salvo divertirmi, di rado, coi gatti di mio zio. Il risultato? Una bella micosi da contatto su un braccio.
L'episodio animali, si chiuse per 6 o 7 anni. Fin quando il mio primo fidanzatino mi presentò il suo Boxer di nome Ugo. Tra me e Ugo c'era un rapporto di amore e odio, quest'ultimo dovuto alle strisce di bava nera che mi lasciava sulle braccia ogni volta che mi lasciavo andare un po'...
Per fortuna quattro anni fa è arrivazo Zorro in questa casa. Un pinscher nero focato: 7 kg di cattiveria pura. Ma affettuoso come pochi.
Banale dire, che gli voglio bene come un fratello.
Però la mia cultura in fatto di animali ogni tanto torna a galla e si rivela utile nelle situazioni più impensate. Ad esempio nella mia attività di insegnante.
Oppure con Arashi.
Due domeniche fa uno dei nostri amici ha avuto la brillante idea di uscirsene con quell'orrenda espressione pubblicitaria che voi tutti ricorderete: "Delfino curioso".
Da lì io e Arashi siamo partiti per la tangente. Cominciando col bradipo intraprendente, passando per il narvalo arrogante e finendo con il chiurlo petomane.
Son cose che fanno riflettere.
Che fanno pensare.
Al fatto, ad esempio, che forse è ora che io vada in vacanza.
Provvedo subito.
Buone ferie a tutti :)
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